L’ultima furbata di Volpini e Sardella sui manifesti abusivi
Ancora una volta fanno i furbi. Invece di citare a sproposito sentenze (questa volta addirittura della Corte Costituzionale che viene maldestramente tirata per la giacchetta fino a taroccarla) che nulla hanno a che vedere con il reato commesso dai responsabili del Partito Democratico,
i capi-partito Volpini e Sardella farebbero bene a
scusarsi con la città per la selvaggia affissione dei manifesti e per gli illeciti commessi dal proprio schieramento politico, violando peraltro la par condicio (che, quando riguarda Berlusconi rappresenta il problema dei problemi, quando riguarda loro rappresenta una bazzecola da nulla).
La nuova sentenza proposta dagli uomini del sindaco Angeloni nulla c’azzecca con l’art. 8 della legge 212 del 1956. Riguarda infatti l’art. 7 della legge 130 del 1975 (uso degli altoparlanti su mezzi mobili).
Ecco il dispositivo: la Corte … “dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 15, comma 17, della legge 10 dicembre 1993, n. 515 (Disciplina delle campagne elettorali per l'elezione alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica) nella parte in cui punisce il fatto previsto dall'art. 7 della legge 24 aprile 1975, n. 130 (Modifiche alla disciplina della propaganda elettorale ed alle norme per la presentazione delle candidature e delle liste dei candidati nonché dei contrassegni nelle elezioni politiche, regionali, provinciali e comunali) con la pena dell'arresto fino a sei mesi e dell'ammenda da lire 100.000 a lire 1.000.000 anziché con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire 200.000 a lire 2.000.000”.
Un altro tentativo di fare un gioco di prestigio. Come Sardella e Volpini, sicuramente sapranno (atteso che lo sanno tutti gli studenti di legge al primo anno di corso), la Corte Costituzionale si pronuncia solo sulla “questione” che le viene posta dalle parti e dal Giudice non potendo in nessun caso la Corte ampliare l’ambito del suo giudizio (si chiama “principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato”).
Nel caso citato maldestramente dai due esponenti del Pd, alla Corte era stato chiesto di pronunciarsi solo sull’art. 7 della legge 130 del 1975 (che riguarda l’uso degli altoparlanti e non l’affissione dei manifesti fuori dagli spazi elettorali, che è e resta reato) . La posizione che i giudici della Corte, in motivazione, hanno espresso circa la necessità di una totale depenalizzazione, per quanto auspicabile, non può escludere la configurazione penale dell’illecito di cui al terzo comma dell’art. 8 della legge del 1956.
Fino quando alla Corte non verrà chiesto espressamente di esprimersi sul quell’articolo,
quel comportamento resterà reato. Ad ogni buon conto, a noi interessa poco che i responsabili del Pd vengano processati per tale episodio. Abbiamo voluto invece d
enunciare l’inadeguatezza morale di una Amministrazione comunale che viene fatta coincidere con le strutture di un partito privato a cui tutto è permesso e l’inadeguatezza culturale e politica di un sindaco che ignora la legge e che ripete ossessivamente e consapevolmente cento volte una bugia sperando che passi per verità.
FABRIZIO MARCANTONI
ROBERTO PARADISI
GABRIELE GIROLIMETTI