Sui
destini di Palazzo Gherardi si è da tempo acceso nella nostra città un dibattito che lungi dallo scemare trova continue occasioni di riproposizione: da ultimo la discussione, in sede consiliare, delle osservazioni, e relative controdeduzioni, al
Piano Cervellati.
Vorrei introdurre qualche riflessione in proposito con l’intento di favorire la discussione e il confronto sul merito di una questione che indubbiamente interessa i cittadini di Senigallia e, nel contempo, di
tenere lontane polemiche sterili, pretestuose, spesso strumentali.
Penso che la questione Palazzo Gherardi vada inquadrata in una prospettiva più ampia. Dobbiamo cioè chiederci
a quale scopo vogliamo sia destinato quell’insieme di edifici pubblici che indubbiamente rappresentano il cuore culturale della città e che, nel loro insieme, costituiscono una testimonianza storica di straordinario valore, la rappresentazione stessa dell’identità cittadina.
La Rocca Roveresca, Palazzo del Duca, il Palazzetto Baviera, il Foro Annonario, Palazzo Gherardi costituiscono
un insieme che non può essere smembrato e che anzi va unitariamente finalizzato a progetti culturali di grande livello. Un livello in cui si possa riconoscere non solo una élite culturale ma l’insieme della cittadinanza a cominciare dai giovani e giovanissimi.
La proposta formulata dalla coalizione di centro sinistra per la
realizzazione di un Museo della Città e del Territorio va in questa direzione. L’idea è quella di un museo diffuso di nuova concezione, che presenti una polivalenza ed una molteplicità di funzioni di gran lunga superiori a quelle dei tradizionali musei tematici (arte, archeologia, scienza ecc.). Alla base di questa struttura è un percorso conoscitivo sui molteplici aspetti della storia della città, le cui diverse componenti (politiche, economiche, urbanistiche, artistiche ecc.) vanno messe in relazione attraverso un allestimento espositivo multidisciplinare. Questo fa sì che un museo di questo tipo non sia solo
un raccoglitore ed un espositore di testimonianze, ma anche e soprattutto un
luogo di promozione e formazione della conoscenza con molteplici funzioni: dare una visione e una fruizione unitarie del patrimonio culturale della città e del territorio, offrire strumenti per entrare in rete con altre strutture culturali nella regione e fuori, promuovere ricerche ed esposizioni in collaborazione con le altre istituzioni cittadine (biblioteca e archivio, musei, scuole ecc.) in modo da costituire il perno della ricerca culturale e della sperimentazione didattica nella città e sulla città.
In questa prospettiva ritengo che il luogo più idoneo per la sua centralità e il suo
valore simbolico a costituire il principale contenitore di questo museo e a svolgere il ruolo di baricentro e motore culturale della città in sinergia con tutti gli altri luoghi della cultura sia proprio
Palazzo Gherardi. Qui potrebbe avere luogo la sede stabile del Museo e la gestione di tutto il sistema museale. La sua posizione centrale gli permetterebbe di espandersi e collegarsi, anche per mostre ed esposizioni temporanee o sezioni separate, con le altri sedi vicine, quali il Palazzo del Duca, il Palazzetto Baviera e la Rocca Roveresca, dove ad esempio potrebbe trovare spazio un’esposizione permanente della storia urbanistica della città.
Si tratta di un
percorso teoricamente percorribile, perché l’edificio di per se stesso non presenta ostacoli insuperabili ad un utilizzo di questo tipo: anche le esigenze legate alla sicurezza potrebbero trovare una adeguata risposta. Il problema principale è quello delle risorse necessarie al restauro e alla rifunzionalizzazione di questo spazio.
E’ su questo che
invito le forze politiche, le associazioni culturali e i cittadini tutti ad aprire un confronto sereno ed una seria valutazione. La riflessione non potrà prescindere dalla consapevolezza che a fronte di risorse limitate privilegiare un progetto può significare abbandonarne altri, forse non meno interessanti. Quello che è certo è che decisioni così importanti non possono essere assunte senza aver dato modo alla cittadinanza di esprimersi. Neppure quell’organo massimamente rappresentativo che è il Consiglio Comunale (cui è stata devoluta ogni deliberazione del merito) potrebbe opportunamente assumere una tale decisione senza avere preventivamente avviato un ampio processo partecipativo.
da Francesca Paci
Candidata nelle Primarie per la scelta del candidato a Sindaco della coalizione di centro sinistra