Pubblicato giovedì, 08 luglio 2010 14:21 - 2746 -
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Bacchiocchi: "L'attenzione degli architetti per salvaguardare la città dal già visto" |
Uno Spettro aleggia nelle menti degli architetti, contaminate da un Piano di un Centro Storico: è lo spettro della Storicizzazione dell’architettura. L’imperativo del Piano, ri-conferire al Centro la perduta magnificenza, impone che “...la città che si riabilita, che si ricostruisce, dopo 70 anni, contro il terremoto ...sceglie di riprodurre l’immagine urbana perduta, nelle forme, nei volumi, nel linguaggio architettonico originario.”
Gli architetti che progettano attribuiscono un’importanza capitale al rapporto tra gli edifici da risanare, ristrutturare, ricostruire ed i caratteri del contesto degli edifici della città costruita prima del 1900.
L’importanza di tale rapporto si traduce in studi attenti del tipo di edifici sui quali intervenire e su quelli ai quali ci si accosta, curando di conservare e migliorare lo spazio urbano pubblico risultante dagli interventi. Quasi ad alcun architetto appare ammissibile realizzare il rapporto di rispetto ed attenzione verso la città antica riproducendo, integralmente o parzialmente, copie degli edifici che la compongono, allestendo una specie di scenografia teatrale in muratura.
L’esigenza posta dal restauro di particolari edifici è, invece, un impegno speciale i cui obiettivi e metodi devono restituire la leggibilità dell’opera e dello spazio di pertinenza, nei loro processi costitutivi. Il restauro del teatro romano di Sagunto, in questa accezione, è paradigmatico.
Al di fuori di quegli impegni di restauro, la pratica del costruire nella città del XIX secolo richiede oggi agli architetti di risolvere i relativi problemi, tecnici e formali, con il migliore tasso di contemporaneità, posto al servizio di un’intelligente comprensione dei fatti urbani. Si sa che il tasso di contemporaneità e l’intelligente comprensione della realtà urbana non sono concetti la cui applicazione presenti un esito univoco: dunque, i buoni risultati non sono scontati.
Tuttavia, l’adozione di tale modello operativo sembra il comportamento moralmente necessario, se morale, in questo, come in altri campi, è il comportamento che non accetta di porsi in stallo, al riparo di soluzioni apparentemente non contestabili e, infine dei conti, è quello che non accetta di regredire. La qualità del moralmente necessario in architettura, nel corso del ‘900, ha presentato molte declinazioni che, complessivamente, hanno contribuito a farla progredire fornendo alla società versioni confortevoli e belle dell’abitare.
In Europa, innumerevoli esempi esplorano il dialogo indispensabile tra antico – storico e contemporaneo in architettura. Opere che interessano ambiti circoscritti o parti estese della città manifestano le diverse possibilità per l’architettura d’oggi di coesistere e dialogare con quella del passato producendo nuovi equilibri tra le forme e nuove specie della qualità dello spazio pubblico. Non è, forse, più il tempo di battaglie ideologiche e di manifesti, ma è, forse, ancora il tempo di resistere alle tentazioni di adattarsi a ciò che Aleksandr Solženicyn temeva per la letteratura: avallare una rappresentazione cosmetica della realtà.
L’ordine degli Architetti può e deve avere un ruolo in questo processo di sostegno e di orientamento degli iscritti intrattenendo con le Istituzioni Culturali e con quelle Amministrative un rapporto tempestivo e costante di confronto e scambio per evitare che si sedimentino arretratezze culturali ed invasioni dannose.
E’ anche necessario che gli architetti mantengano elevata la soglia di attenzione verso ogni manifestazione che cerchi di introdurre nella città i segni falsamente rassicuranti del già visto.
dall'Arch. Alberto Bacchiocchi |
Ultimo aggiornamento ( giovedì, 08 luglio 2010 14:22 )
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