Pubblicato sabato, 11 settembre 2010 16:41 - 2788 -
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Una Rosa per Sakineh |
L'Assessore Paola Curzi: "Senigallia sostiene l'appello per fermare definitivamente la condanna"
Sappiamo che l’esecuzione della condanna a morte per lapidazione di Sakineh Mohammadi Ashtiani è stata fermata. Probabilmente sospesa finchè non si spegneranno i riflettori internazionali e sulla sua storia, diffusa in tutto il mondo grazie ai coraggiosi figli, non se ne sentirà più parlare.
Perché di Sakineh ne muoiono centinaia ogni giorno nel mondo, nel silenzio della comunità internazionale. Di lapidazione muoiono donne accusate di adulterio, cioè di ogni forma di rapporto fuori dal matrimonio legittimo. Ivi compreso lo stupro. Stuprate e poi lapidate. Nel silenzio generale.
Oggi sappiamo che in Iran esiste un comitato dei diritti dell’uomo. Un comitato che accusa Francia e Italia per le mobilitazioni che si sono levate contro una pratica crudele che calpesta ogni diritto umano, tacciandole come ingerenza nelle questioni interne di un Paese. Ingerenze, che di fatto ad oggi hanno salvato la vita a Sakineh.
Ricordiamo con orgoglio che l’Italia è il Paese che ha avuto il merito di presentare e sostenere la moratoria contro la pena di morte approvata dall’ONU nel dicembre del 2007 e deve rimanere un Paese che dice no con decisione alla pena di morte e alla violazione di ogni diritto umano.
Per questo, come cittadina Italiana, prima ancora che nelle vesti di Assessore, reputo che questo tipo di “ingerenze” devono essere sempre sostenute con forza. Non deve scendere il silenzio su Sakineh perché vorrebbe dire condannarla ad una morte certa e immediata e il Comune di Senigallia, per la piccola parte che può fare, vuole sostenere con convinzione l’appello a fermare definitivamente la condanna per lapidazione.
Ma sarebbe ipocrita lasciarsi trasportare dall’onda emotiva e mediatica del momento e far finta di non sapere che la dignità umana è calpestata ogni giorno anche a due passi da casa nostra. Non possiamo far finta di non sapere che i disperati che cercano rifugio nel nostro Paese e che vengono respinti per poi essere “rimpatriati” in base al trattato Italia-Libia sono lasciati morire nel deserto di sete e di stenti, come un recente filmato diffuso dall’Espresso testimonia con cruda drammaticità. Non possiamo limitarci a sostenere un appello per affermare la sacralità della vita di una donna, e con l’altra mano pagare centinaia di ragazze per accogliere con tutti gli onori un dittatore di un Paese che prevede la tortura, la fustigazione e la pena di morte per un’ampia serie di reati tra cui l’ adulterio e l’ esercizio della libertà di espressione.
Chiediamo al Governo Iraniano di rispettare la dignità e la vita di una donna, rinunciando a una pratica crudele quanto antica, ma allo stesso tempo chiediamo al Governo Italiano di far luce sul destino di uomini, donne e bambini rimpatriati dal governo libico in base al trattato Italia-Libia, altrimenti le prese di posizione ufficiali contro la lapidazione di Sakineh hanno l’aspetto di un’ipocrita messa in scena. Come quella di tre giovani donne convertite al Corano sotto i riflettori in cambio di 100 euro.
Paola Curzi
Assessore alle attività economiche, pari opportunità, partecipazione del Comune di Senigallia
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SAKINEH Scritto da Visitatore anonimo il 2010-09-12 15:44:55 CHE VERGOGNA!SPERO CHE SAKINEH NON VENGA LAPIDATA E CHE IL GOVERNO SI MOBLITI PE REVITARE QUESTA ATROCE BARBARIA NEI CONFRONTI DI TUTTE LE DONNE VITTIMA. SIMONA | |