Pubblicato venerdì, 19 agosto 2011 19:08 - 3983 -
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Abolizione delle festività civili: il contributo di Massimo Bellucci |
La norma che di fatto abolisce le festività civili, cosa abnorme in qualunque paese, sembrava passare quasi sotto silenzio, poi finalmente, arrivano segnali di vita. Il sindaco di Senigallia con un comunicato esprime una posizione chiara e condivisibile, aprendo un dibattito sulla stampa locale.
Parallelamente sui social network comincia un vivace dibattito, l’ANPI solleva la questione, alcune forze politiche prendono posizione (Rimini, Lodolini, Città Futura, Romano n.d.r.), sono state avviate raccolte di firme, molti cittadini cominciano a riflettere sulla questione. Una questione da un certo punto di vista molto semplice: “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro.”
Le prime parole della nostra Costituzione non sono solo giuste, ma di una bellezza semplice, essenziale, disarmante. Sono proprio le armi della polemica ideologica quelle che bisogna deporre per riconoscerci nei simboli, nelle radici comuni.
Le prime parole della nostra Costituzione evocano la democrazia, la repubblica, il lavoro, sono proprio i valori delle tre festività civili della nostra nazione.
Un grande italiano, Niccolò Machiavelli, sosteneva che quando una repubblica è in crisi deve ritornare ai propri principi, riscoprirne il senso, trovare in essi la forza per superare le difficoltà.
E’ vero che a volte le celebrazioni delle ricorrenze civili sono state caratterizzate da cerimonie ingessate, da cliché ripetitivi. E’ vero che il senso di appartenenza alla comunità nazionale è debole, su questo esistono numerose analisi storiche e sociologiche. E’ inoltre vero che a volte queste festività sono state usate da alcuni come strumento polemico su questioni contingenti.
Anche la questione dei “ponti” rischia di essere fuorviante: se il governo intendeva abolire i ponti – scelta discutibile in quanto danneggia un settore importante per l’economia nazionale come il turismo – poteva abolire appunto i ponti, lasciando le festività. Non necessariamente se è festa un giorno deve esserlo anche il giorno prima o il giorno dopo.
Ciò che preoccupa è la superficialità con cui questi temi sono trattati da una classe dirigente politica inadeguata e al tramonto: i simboli sono importanti proprio in periodi come questo, da ciò che rappresentano bisogna ripartire per trovare le energie per superare una crisi economica complicata che rischia di logorare il legame sociale, di frantumare quel minimo senso di appartenenza che è necessario a qualsiasi comunità per sopravvivere.
I comuni sono la ricchezza dell’Italia, proprio da queste realtà deve partire uno sussulto: non si può celebrare il 150° anniversario dell’unità d’Italia e cancellare le date che ne simboleggiano la parte più viva.
I giovani, una generazione dal futuro sempre più incerto, rischia di perdere anche una possibilità per riflettere sul proprio passato. Quindi non solo i sindaci, non solo le forze politiche, ma ogni cittadino deve sentirsi chiamato in causa da questo provvedimento, anzi, questa può essere l’occasione per rinnovare lo spirito con cui si celebrano queste date, svecchiando alcuni rituali, riflettendo criticamente su quegli eventi, con le luci e le ombre, con i nodi che ancora, evidentemente, permangono.
di Massimo Bellucci
Esperto di politiche giovanili
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Scritto da Visitatore anonimo il 2011-08-23 20:14:17 Ma insomma, anch'io sono del parere che sia inutile abolire festività, specialmente queste. Però che tutti diano il loro parere mi sembra una perdita di tempo visto che non dipende dalla volontà locale la loro abolizione. Vorrei che i politici locali prendano carta e penna per dare importanti novità su soluzioni a problemi locali invece che per quste chiacchiere. | |