Pubblicato venerdì, 27 marzo 2015 19:40 - Letture Articolo 3574 - Condividi 
"I piani regolatori nascono già vecchi, in una città viva sono meglio le varianti"
L'ing. Landi: "Classe politica e urbanistica legata a soliti schemi, non guarda l'innovazione se non negli slogan"

La città ideale si identifica con una piacevole qualità della vita in un ambiente dinamico ed equilibrato capace di generare benessere e opportunità per i propri residenti. E' un obiettivo raggiungibile con i nuovi piani strategici.

Piani che proiettano verso il futuro lo sviluppo socio economico del territorio interfacciato con l'assetto urbano attraverso metodiche alternative alla pianificazione tradizionale che ha portato alla crescita distorta delle città per le scelte di libero arbitrio dei progettisti, piuttosto che per un governo controllato della loro naturale evoluzione.

L'auspicio è di portare gradualmente a rottamazione, per esaurimento, i vecchi piani regolatori con periodiche modifiche e correzioni attuate con varianti snelle e semplificate con una flessibilità adeguata anche a superare imprevisti e problematiche postumi. Anche la pianificazione sovraordinata dovrà temporaneamente fermarsi per riassettarsi evitando di produrre strumenti legislativi già superati fin dall'emanazione.

E' una svolta epocale che deve però superare le reticenze di una classe di urbanisti radicati a schemi consolidati e poco propensi all'innovazione, tanto è, che stereotipi comuni come il consumo zero di suolo, spesso interpretato con eccessiva intransigenza, la rottamazione delle aree dismesse, il recupero di aree periurbane e la messa in sicurezza del territorio, appaiono ancora più come slogan di facciata che come sistemi pratici attuativi per l'incapacità di superare contraddizioni e di quantificare una reale sostenibilità operativa su interventi specifici e situazioni di perequazione.

Se ad esempio si vorrà ridurre concretamente il consumo di suolo non si potrà contestualmente pretendere di ridurre anche le densità edilizie né, se si vorrà riqualificare un isolato degradato, con un intervento di demolizione e ricostruzione, si potranno imporre i limiti volumetrici esistenti che non consentiranno mai margini operativi sostenibili, se non verranno integrati da volumetrie ulteriori o da altre contropartite che ne favoriscano una risoluzione progettuale soddisfacente.

Questo dei piani strategici è un percorso oggi irrinunciabile, partito da più di 10 anni da Torino e Pesaro, a cui hanno fatto seguito una quarantina di altre città, che si sono consorziate poi nel ReCS (registro delle città strategiche) e ha lo scopo di individuare risorse, condividere e scambiare competenze, pratiche, know how e relazioni di nuovi metodi di pianificazione.
Nello scorso luglio il ReCS è stato assorbito all'interno dell'ANCI, che ne ha intuito la ricchezza e il valore aggiunto, istituendo la commissione permanente per le città strategiche, con la prospettiva di garantire maggior peso e sostegno all'iniziativa.
Le carenze della programmazione infrastrutturale di medio livello su un ambito territoriale più vasto hanno limitato questi piani costringendoli ad interpretare congruenze e compatibilità non definite, evidenziando la necessità di stabilire quadri di riferimento che a cascata dai livelli più alti fino alla scala locale predispongano linee guida direzionali.

Questi piani avranno il compito di stabilire e garantire gli obiettivi programmatici tutelandoli da eventuali modifiche ingiustificate, senza però definirne una rigida cronologia lasciata alle scelte delle amministrazioni in carica, con piani operativi di mandato congruenti.
I piani strategici rappresentano oggi i laboratori di pianificazione più avanzati che si integrano con una fisica urbana che interpreta, in chiave moderna, la città come entità viva che risponde di riflesso a reazioni indotte con la manipolazione di modelli fisico matematici innovativi.

Senigallia ha anche avuto il privilegio di prestarsi in anteprima all'applicazione di uno studio d'avanguardia per la mobilità veicolare con i sistemi complessi creati e testati dal nostro concittadino e scienziato, prof Turchetti.
L'integrazione di queste esperienze, con altre proposte innovative sperimentate e ospitate in anteprima in città, le attribuiscono il merito di un brand per l'architettura e i nuovi percorsi di pianificazione da sfruttare anche in chiave turistica promuovendo eventi di riferimento che non potrebbero avere contesto urbano migliore: si potrà utilizzare il piano strategico per catalizzare nuove attività economiche del terziario svincolate dai rapporti col territorio e attratte da uno stimolo, non secondario, di insediamento e di residenzialità piacevoli in una città bella e a misura d'uomo.

Da questo quadro d'eccellenza si dovranno però rimuovere, senza remore e fintanto che sarà possibile, le scelte sbagliate per deficit di pianificazione, intervenendo con correzioni adeguate e se è capitato che si sia prodotto qualcosa di buono come la complanare, nonostante l'assenza di preventive indicazioni di P.R.G. non dobbiamo far conto sul ripetersi di circostanze così fortunate, magari in previsione di un'ipotesi di arretramento della ferrovia, impossibile da pianificare se fin da oggi non saremo pronti a salvaguardare gli spazi per un tracciato rispondente a requisiti di sostenibilità tecnico-economica.

In altri casi le conseguenze risultano più evidenti se si esamina l'occasione persa per la mancata realizzazione di una mobilità dolce tra centro storico e le vicine zone del campus scolastico e del centro commerciale che, se integrata a suo tempo con un assetto viario più ragionato, avrebbe consentito complessivamente oltre a un miglioramento funzionale anche una sensibile riduzione dei costi. Analogamente la previsione poco oculata e avulsa dell'urbanizzazione relativa all'area Sacelit-Italcementi dovrà trovare opportunità di riscatto da una revisione progettuale ridimensionata ma, per questo non meno qualificante, che potrà funzionare anche da catalizzatore per una ripresa più rapida dei lavori rispetto ai tempi canonici del fallimento.

Questa mancanza di strategia lungimirante è oggi è percepita anche per il fiume Misa che, a seguito degli eventi calamitosi del 3 maggio 2014 e di due altre successive criticità, si replica sì, con un intervento ordinario, necessario ed efficace della pulizia, ma anche mettendo in piedi singolari azioni strutturali inadeguate come le vasche d'espansione. Vasche che andranno ad assorbire e a dissipare ingenti risorse che meglio potrebbero essere utilizzate e in misura molto ridotta per più utili ed efficienti stramazzi alla foce, denunciando una situazione, per assurda che possa sembrare, di totale assenza di un progetto globale per il bacino idrografico del fiume.

Tutto questo porta a constatare che le scelte sporadiche non inquadrate nel giusto contesto producono interventi praticamente inutili e impediscono, con la sottrazione di risorse, di realizzare quelli che effettivamente servono ed è proprio per contrastare queste situazioni che vengono proposti i piani strategici come sistema di riequilibrio.
Questi vanno costruiti selezionando, attraverso campagne d'ascolto, le proposte che vengono dal basso da singoli cittadini e da portatori d'interesse coordinandole e assemblandole come fossero tessere di un mosaico che si costruisce pazientemente senza la previsione di un termine.

Più capacità ci sarà di impostare una programmazione flessibile e agile, tanto più si raggiungeranno gli obiettivi di un disegno finale complessivo d'eccellenza che viene realizzato per stadi programmatici temporali contenuti in contestuali piani operativi.
In questo percorso sarà fondamentale navigare attraverso una semplificazione burocratica radicale orientata più sul permissivismo che su criteri di penalizzazione restrittiva gratuita e insensata che aiuterà a superare gli eccessivi sbarramenti che troppo spesso impediscono soluzioni progettuali razionali.

Auguriamoci che fin da questa imminente e prossima tornata elettorale ci sia finalmente un'inversione di tendenza che produca una svolta di pianificazione lungimirante di qualità con l'attenzione a un piano strategico e non i soliti annunci di proposte alla rinfusa.


di Paolo Landi

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