Spero che le dichiarazioni riportate sulla stampa locale di domenica scorsa e addebitate ai componenti del Centro Sociale “Mezzacanaja” siano frutto di un fraintendimento. I toni minacciosi e aggressivi espressi non sono accettabili. Altra cosa è esprimere la necessità di risolvere con il dialogo e il confronto i problemi che il centro sociale ha di fronte a se, primo fra tutti quello della ricerca di una nuova sede ove organizzare proposte di riflessione politica e culturale e di critica a valenza locale e globale, aprendosi al contatto di quei cittadini interessati, tra cui giovani e immigrati in primis. La minaccia di organizzare ronde che dovrebbero muoversi nella città per contrapporsi all’opera dei vigili urbani non è accettabile, né appartiene alla cultura del movimento. Quindi non possono verosimilmente essere programmate da un gruppo che in più di una occasione pubblica ha avanzato la necessità che la società civile volga verso i modelli dell’integrazione e della tolleranza tra i popoli e le persone.
Minacciare il compimento di azioni che di per sé implicano un contatto fisico, anche con la possibilità remota di compiere reati penali gravissimi, è altra cosa dal chiedere e pretendere dai corpi istituzionali modalità di intervento che rispettino la dignità umana di tutti (con lo stesso peso specifico) come uno dei diritti inviolabili che la nostra Costituzione riconosce a tutte le persone in quanto tali. Nel dialogo avviato da circa due anni tra l’Amministrazione comunale e il collettivo trovo fuori posto la necessità di far pesare le proprie ragioni e il proprio punto di vista chiamando all’adunata i centri sociali regionali. Altra cosa è organizzare nelle modalità e forme proprie un incontro culturale e politico tra centri sociali di diverse realtà italiane per incontrarsi, elaborare proposte, fare musica… In una società pluralista questo è possibile e auspicabile, al pari di tutte le altre iniziative che si svolgono nella nostra città ad opera di altri soggetti impegnati nella cultura e in campo sociale. Sono stato e continuo ad essere disponibile a un dialogo con i componenti del centro sociale autogestito, ma a patto che il confronto, che mai è stato sospeso, si fondi sul reciproco rispetto dei ruoli: sia quello dell’istituzione, che è di tutti e come tale non può accettare imposizioni e ricatti da alcuno (siano essi provenienti da associazioni culturali, sindacali, di categoria, sportive…); sia il ruolo di chi decide di avanzare una proposta politica fondata anche su azioni di disobbedienza e di obiezione di coscienza, di cui è si disposti ad assumere la responsabilità pagandone un prezzo. Il centro sociale autogestito oggi ha una sede, di cui spese e mantenimento sono interamente a carico dei componenti del collettivo. Da qui sono partite esperienze interessanti, non ultima quella in procinto di essere promossa dell’Ambasciata dei diritti rivolta alla promozione dell’interculturalità. Tra alcuni mesi la sede dovrà essere trasferita in altro luogo. Di questo parliamo e per questo cerchiamo una soluzione, ma senza trascendere a toni e modalità di azione che non appartengono al confronto democratico e che possono essere un ostacolo alla risoluzione dei problemi.
di Simone Ceresoni Assessore alle politiche giovanili
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