La definitiva approvazione della “Variante Arceviese”, che ha visto un iter procedurale alquanto vivace e contrastato, si presta a diverse considerazioni.
La procedura si è conclusa, sul piano strettamente urbanistico, con qualche luce e molte ombre. Se da un lato siamo riusciti a fare approvare, seppure parzialmente, la nostra osservazione relativa all’Oasi di San Gaudenzio, volta ad assicurare per il futuro il controllo e la fruizione pubblica dell’area della ex cava e la sua destinazione ad oasi naturale e centro di educazione ambientale (grazie anche all’impegno in merito dell’Assessore Ceresoni); restano gli aspetti negativi di questo strumento urbanistico. Questi derivano soprattutto dal pesante impatto cementificatorio cui la variante darà il via in particolare nella zona del nuovo centro direzionale, tra l’autostrada e Borgo Bicchia, e nelle altre frazioni interessate. Né la necessaria riorganizzazione e razionalizzazione di settori cresciuti caoticamente, come Borgo Passera, può essere citata a merito della variante. Questo perché una corretta e diligente gestione dell’urbanistica, anche con le regole attuali, non avrebbero dovuto permettere un tale scempio.
Questa è però ora storia passata, un fatto acquisito.Quello che invece è più che mai viva è la problematica relativa alle questioni procedurali, che riguardano in primo luogo i metodi del fare e del partecipare.
Non è più pensabile continuare a procedere come si è fatto per la “Variante Arceviese”, in cui non solo è del tutto venuta meno la partecipazione, ma si è messa in crisi la stessa democrazia.
Riteniamo sia urgente cambiare strada sia nel metodo, sia nel merito del fare urbanistica a Senigallia. Spesso è poi lo stesso oggetto, cioè lo strumento normativo che si applica, a determinare il modo di procedere. Le varianti urbanistiche, più o meno parziali, più o meno puntuali, non favoriscono la partecipazione democratica, e quasi sempre scatenano interessi particolari difficilmente controllabili, in assenza di linee guida generali, con il loro carico di pressioni e condizionamenti amministrativi e politici.
La svolta non può che essere data da un nuovo Piano Regolatore Generale che inquadri la realtà, i bisogni e le aspettative del comune e ne progetti globalmente il futuro.
Il piano vigente è, d’altronde, uno strumento decisamente vecchio e datato anche politicamente. Infatti, è stato pensato ed ideato, nella sua struttura portante, negli anni settanta, in pieno boom edilizio ed economico, con una filosofia sviluppista e presupposti politici oramai sepolti dalla storia.
I Piani Regolatori, come concepiti fino ad oggi, sono attualmente considerati strumenti superati nella loro generalità; si pensi quanto lo sia il nostro, così vecchio, come si è detto prima.
Dotarsi di un nuovo piano vuol dire anche introdurre nel governo del territorio una visione ed un modo di pensare moderni, eco-compatibili, rivolti al futuro. E’ necessario elaborare uno strumento urbanistico cha assuma come linee guida alcuni principi fondamentali. Ne ricordiamo brevemente alcuni, solo a scopo esplicativo. Considerare il territorio come bene scarso, non infinito. Di conseguenza occorrerà puntare ad un consolidamento dello sviluppo già acquisito, più che ad una sua espansione continua. Prioritario dovrà essere il ridisegno della città costruita ed il recupero e la razionalizzazione dell’esistente. Per una città turistica essenziali saranno la tutela e la valorizzazione del paesaggio. Ci si dovrà dotare di strumenti che regolino non solo la quantità, ma anche la qualità del costruito.
Che la esigenza di dotarsi di nuovi strumenti urbanistici sia generalizzata e non riguardi solo Senigallia è dimostrata dal fatto che in questa impresa si stanno cimentando le principali città della nostra regione (Ancona, Fano, Jesi, San Benedetto del Tronto) e non solo (vedi Roma….).
Gruppo Società e Ambiente – Il Comitato direttivo
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