Pubblicato mercoledì, 18 marzo 2009 19:16 - Letture Articolo 6875 - Condividi 
Senigallia e la nuova urbanistica
Senigallia e gli ex-stabilimenti del porto e della SacelitL’urbanistica che definisce il livello qualitativo dell’ambientazione del vivere, fondata sull’organizzazione funzionale e aggregativa è ad oggi tra le discipline tecniche più empiriche ed arretrate. Il limite non viene dalla fantasia creativa, sempre adeguata, ma dalla mancata conoscenza della città che si progetta, poiché mai sono stati fatti studi sui meccanismi che ne regolano il funzionamento. Basti pensare che nelle università italiane insegnamenti di economia gestionale o di fisica urbana sono praticamente inesistenti.
Così l’architetto somiglia, con un paragone improprio, ma efficace, più ad uno sciamano con le sue arti divinatorie che ad un medico che si affida all’ufficialità della scienza. E la pochezza della materia autorizza chiunque ad appropriarsi di competenze non proprie e relega l’urbanista, troppo spesso, al ruolo di garzone di bottega e semplice esecutore alla dipendenza  del politico, che ad esso si sostituisce come progettista effettivo.

E’ un problema ovunque diffuso, il cui riflesso è ben visibile anche in scala locale, nel caso, ad esempio, dell’area Sacelit-Italcementi, dove le idee migliori non sono di oggi, (progetto occluso ed estraneo alla città) ma precedenti all’intervento sul PRG, tanto da parte dello stesso Portoghesi (piazza all’italiana e terrazzo sul mare) che del ripudiato Bhoigas ( città affacciata al mare e piazza d’acqua) illustrate nei loro antichi e rispettivi incontri di San Rocco, promossi dalla ex proprietà Pesenti e dall’osservatorio delle categorie economiche.

Fortunatamente una nuova filosofia urbanistica sta incalzando come vera e propria rivoluzione e dovrebbe letteralmente spazzare via i superati postulati, sposati dai più irrazionali pseudoambientalisti. Tra questi il luogo comune che ha abitualmente giudicato migliore la qualità urbana prodotta dalle basse volumetrie, a prescindere, ovunque, anche dove la città ha la necessità di mantenersi compatta, per meglio organizzare il proprio funzionamento.

E’ dimostrabile il contrario riprendendo l’esempio Senigallia, dove è indiscutibile la gradevolezza del centro storico eppure, paragonando certi isolati pieni di quest’ultimo con le adiacenti zone di completamento, recentemente ribassate, con un eccesso di leggerezza a 0.5 mq./mq., si vede come, nel primo, esiste mediamente una volumetria da 4 a 8 volte superiore a quella realizzabile nelle seconde, con l’aggravante che nei pochi lotti ancora liberi o con volumetria inferiore a quella consentita, si andrà a realizzare un edificato in netto contrasto  e discontinuità con le maggiori volumetrie preesistenti.

Se si vorrà evitare la città estesa e limitare il consumo di nuovi suoli, non si potrà far altro che intervenire all’interno della città con l’incremento delle volumetrie, tanto nelle nuove lottizzazioni periurbane e nei completamenti, quanto nelle ristrutturazioni e rottamazioni di parti della città degradate e ricostruibili con piani di recupero, dove la necessità di gestire l’accordo di più proprietari, possibile solo reintegrando, a loro favore,  superfici nuove con vecchie di ugual misura e senza costi, porta a quella indispensabile variazione volumetrica incrementale necessaria a garantire anche fattibilità e utile di impresa. Il solo limite a questi interventi, con maggiorazione delle superfici, dovrà essere di natura estetica, ossia dovranno essere impediti solo nel caso in cui si rischia di alterare e snaturare una spiccata caratterizzazione morfologica del luogo.

La città funzionale e bella dovrà avvalersi di nuove professionalità rappresentative di una diversa figura di architetto, che sia sì talento artistico, ma anche raccoglitore, ascoltatore, selezionatore e coordinatore di ogni tipo di idea e soprattutto sapiente artigiano e abile costruttore della macchina città, finalizzata ad una  gestione ottimale delle reti infrastrutturali e delle  risorse qualitative, ambientali energetiche ed economiche.
Dovrà impostare un nuovo piano regolatore, più programmatico e strategico, non prescrittivo ma di indirizzo, che individua i grandi interventi e le linee di sviluppo urbano  territoriale, al quale assocerà un altro strumento più operativo di definizione degli interventi attuativi nel breve e medio periodo, affiancando il tutto, con un regolamento urbanistico edilizio, che dovrà disciplinare le trasformazioni dell’edificato esistente.

Sono queste le strategie prevalenti di riferimento a scala nazionale, seppure in un quadro ancora non perfettamente definito e articolato, che saranno introdotte a breve dalla nuova innovativa legislazione  regionale.

Ciò porterà in tempi molto rapidi all’abbandono e alla rottamazione di tutti i piani regolatori vigenti, compresi i più recenti, ormai superati e contrastati dalle nuove logiche.

Rimbalzando di nuovo sulla realtà locale è consigliabile sospendere le valutazioni urbanistiche programmate, non più prioritarie, anche a causa dell’attuale crisi diffusa che ha rarefatto la necessità di disporre di nuove aree. Neanche le situazioni di sopravvenuta difficoltà, come nella variante arceviese,  saranno da valutarsi alla fine così negative. Per altri interventi è sicuramente meglio attendere le nuove indicazioni dalla regione.

Questa filosofia non è ovviamente applicabile indistintamente. Alla Sacelit-Italcementi è d’obbligo dare risposte rapide al soggetto attuatore, fortemente impegnato finanziariamente, ma ciò non è di per se motivo sufficiente a giustificare l’accettazione di un progetto generale scadente, non attribuibile agli esecutori, obbligati ad un percorso ad ostacoli imposto da una classe politica non eccelsa e scarsamente lungimirante.

Sono stati necessari diversi anni di tribolazioni e compromessi per non arrivare a capo di nulla e per decidere solo casuali indici e percentuali di scarsa rilevanza, trascurando invece totalmente per quest’area  le previsioni di fruibilità di accessibilità e di integrazione con la città, i lungomari e il porto.

Ci sono ancora ampie possibilità di apportare correzioni in corsa senza produrre danni o ritardi alla proprietà, ma questo richiede volontà di aprirsi senza pregiudizi a suggerimenti in grado di scongiurare le pesanti conseguenze, destinate a trascinarsi per un tempo infinito e che inevitabilmente andranno a coinvolgere anche altri settori economici importanti per la città, con in primo luogo il turismo.

E’ una responsabilità troppo grande per non meritare la riflessione dovuta, perché, nel bene o nel male, per l’irripetibile circostanza storica, l’amministratore di oggi dovrà essere almeno consapevole di essere il protagonista o il colpevole della città dell’eccellenza o della banalità di domani.

Da Ing. Paolo Landi

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