Colpita nel vivo della sua imbarazzante ignoranza legislativa e piccata per aver rimediato una figura degna di uno studentello svogliato, pur di non arrendersi all’evidenza della verità,
la signora Angeloni accende una cortina fumogena e cita una sentenza della Corte di Cassazione in sezione civile che non solo non parla affatto della depenalizzazione del comma 3 della legge 212 del 1956, ma, parlando solo ed esclusivamente del comma 4 (sic!), si riferisce solo alla questione della responsabilità solidale del committente e dell’autore materiale dell’affissione.
Tutto ciò senza mai negare la responsabilità penale legata alla fattispecie del comma 3 della legge e anzi confermando implicitamente la
doppia sanzione, penale e amministrativa,
dell’affissione abusiva fuori dagli spazi elettorali. A tal proposito segnaliamo agli incolti estensori del comunicato grondante di insulti verso l’opposizione che il comma di cui
parliamo (comma 3 art. 8 legge 212 del 1956) è così annotato in ogni raccolta ufficiale: “Articolo così sostituito dall'art. 6, l. 24 aprile 1975, n. 130. La misura dell'ammenda è stata così elevata dall'art. 113, quarto comma, l. 24 novembre 1981, n. 689. La sanzione è esclusa dalla depenalizzazione in virtù dell'art. 32, secondo comma, della stessa legge”. Esclusione pienamente confermata da diverse sentenze della Corte di Cassazione (sia penale che civile) nel 1996, nel 2004 e nel 2005.
Confermiamo dunque, parola per parola, ciò che abbiamo scritto e denunciato e
restiamo ancora in attesa, a questo punto,
delle doppie scuse pubbliche della signora Angeloni che continua a permettere (e anzi a incentivare) l’utilizzo delle strutture comunali per difendere l’operato di un partito privato e per offendere consiglieri comunali che hanno l’unico torto di studiare più del sindaco e dei suoi improbabili consulenti.
Una
commistione inquietante, quella
tra strutture comunali e partito privato (a proposito, perché non replica il segretario di quel partito assumendosi la responsabilità dell’illecito?) di cui davvero bisognerebbe provare almeno un minimo di vergogna civica.
FABRIZIO MARCANTONI
ROBERTO PARADISI
GABRIELE GIROLIMETTI
Di seguito riportiamo testualmente e senza alcun commento le massime delle sentenze citate (compresa quella del tutto fuori luogo
citata dal sindaco di Senigallia). Valutino ora i lettori chi ha detto e scritto la verità e chi ha invece sproloquiato privandosi di ogni senso del pudore.
CASSAZIONE CIVILE SENT. 4506/2004
“Le affissioni pubblicitarie, anche a contenuto politico, sono soggette alle norme ordinarie sulle affissioni (e segnatamente al d.lg. 507/93) quando siano compiute al di fuori dei periodi di campagna elettorale, e non già alla l. n. 212 del 1956, che disciplina le affissioni elettorali. Ne consegue che l'affissione di pubblicità elettorale al di fuori degli spazi consentiti può dar luogo sia alla commissione del reato di cui all'art. 8 comma 3 l. n. 212 del 1956, del quale risponde il solo autore della violazione; sia all'illecito amministrativo previsto dai regolamenti comunali, del quale può essere chiamato a rispondere sia l'autore della violazione, sia il committente della pubblicità”
CASSAZIONE PENALE SENT. 9511/1996
“L'affissione di propaganda elettorale negli spazi comunali destinati invece alla comune pubblicità integra pienamente il reato di cui all'art. 8 l. n. 212 del 1956, come modificato dall'art. 6 l. n. 130 del 1975. Del resto, la norma incriminatrice non tutela affatto il deturpamento dei luoghi da un'affissione selvaggia, ma lo straripamento della propaganda elettorale oltre gli spazi appositamente predisposti, ripartiti ed assegnati, con conseguente violazione della "par condicio".
Infine
la sentenza citata dal sindaco di Senigallia (CASSAZIONE CIVILE SENT. 24790/2005)
“In tema di illeciti amministrativi, i principi di legalità, di irretroattività e di divieto di applicazione dell'analogia, di cui all'art. 1 della legge n. 689 del 1981, comportano l'assoggettamento del comportamento considerato alla legge del tempo in cui si è verificato, con conseguente inapplicabilità della disciplina posteriore, anche se abrogatrice o più favorevole; ne deriva che, qualora il fatto previsto e sanzionato dall'art. 8, comma 4, della legge n. 262 del 1956 (affissione di manifesti di propaganda elettorale fuori dagli appositi spazi), sia stato commesso prima della modifica introdotta dall'art. 1 della legge n. 311 del 2004, la disciplina applicabile va individuata in quella posta originariamente dalla norma, che, contrariamente a quanto previsto dalla nuova disposizione, non escludeva l'applicazione del principio di solidarietà posto dall'art. 6 della legge n. 689 del 1981, in forza del quale anche il committente, insieme all'autore materiale, deve essere chiamato a rispondere della violazione”.